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Velocità è spazio, me l’ha detto mio fratello e io mi fido.
Che poi è facile da capire. Stelle, pianeti, galassie: come le esplori se non hai un razzo spaziale, che è tipo la cosa più veloce che l’uomo ha mai costruito? Subito dopo le ciabatte di mia madre, s’intende.
Sì, mamma, sto sistemando. No, non sto di nuovo parlando da solo.
Dicevo: lo spazio, ok. Quello che non capisco è il tempo.
Credo che c’entri sempre con le astronavi: alla NASA sono fissati col meteo, basta una nuvola e quelli niente, annullano lancio, abbracci, applausi e tramezzini. Quindi ecco, dev’essere fondamentale questa cosa del tempo se si deve partire, e allora mi chiedo:
perché non la smettiamo di inscatolare tutto? Non l’avete visto il cielo?
Glielo dico a mio fratello, che appunto queste cose le capisce. Guarda che roba, pare una lastra d’acciaio, dove vuoi che ce ne andiamo?
Lui non mi risponde, che può voler dire che è una domanda stupida, come pure che ho ragione, no? Del resto qui se ne stanno tutti zitti, mio fratello, mia madre e pure mio padre, tutti presi a svuotare armadi e cassetti. Poi dalla cucina mia madre grida di nuovo di far veloci e mio padre riprende a borbottare bestemmie.
Dalla finestra guardo il cielo, ed è chiaro che a breve ci schiaccerà.
Rovescio per terra una scatola piena di libri. Strappo alcune pagine da un vocabolario, poi le piego a triangolo e con lo scotch le attacco al cartone. Mi ci rannicchio dentro: con il pennarello disegno pulsanti, lancette, spie – prima rosse, poi verdi.
Dieci,
nove,
veloci,
sette,
sei,
madonna,
quattro,
veloci,
dio,
uno.
Il razzo decolla: con un boato sfonda la finestra e punta verso l’alto, sfonda pure il cielo di metallo. In un attimo il condominio dove abitavo è solo un’altra scatola grigia. Poi rimpicciolisce ancora e scompare: non ho più una casa.
Mi avventuro nel buio tra satelliti, nebulose, costellazioni – non c’è neanche una nuvola.
Eccola cos’è la velocità: spazio sfratto tempo.